Oreste Recchione
[Sant'Angelo dei Lombardi (AV) 1841 - Napoli 1904]
Biografia
Dal volume "Oreste Recchione poeta della natura" a cura di Cosimo Savastano e Bianca Maria De Luca:
Oreste Recchione nasce a Sant’Angelo dei Lombardi (Avellino) il 30 settembre 1841 da Orazio e Marianna Parzanese.
Presto, si trasferisce insieme ai genitori a Palena, dove il padre, unitamente ad alcuni membri della famiglia, inizia a gestire il lanificio tuttora iscritto sotto la Ragione Sociale di Donato e Fedele Recchione.
Dopo aver concluso il ciclo dell’apprendimento di base a Palena, dove ha frequentato la scuola comunale, giovato anche dal supporto del colto canonico Cesare Falcocchio, nel 1850 si trasferisce a Pescocostanzo per proseguire negli studi superiori di orientamento classico.
Qui trascorre cinque anni portando a termine gli studi, influenzato, oltretutto, dalle numerose espressioni d’arte e dalla fioritura degli studi umanistici e filosofici che interessavano in quegli anni il piccolo centro abruzzese.
Nel corso della sua formazione intervengono diversi esempi di orientamento patriottico e liberale che lasceranno un segno tangibile nelle sue convinzioni e nelle sue inclinazioni. In questi anni si colloca anche l’incontro con il coetaneo Teofilo Patini.
Nel 1853 muore a Napoli Pietro Paolo Parzanese, fratello di sua madre, noto per le sue capacità oratorie e soprattutto di poeta. L’opera e la produzione dello zio, lasciano nel Maestro una notevole impronta.
Nel 1855 completa la preparazione superiore e consegue quella che allora si chiamava “CEDOLA IN BELLE LETTERE”.
Viene condotto a Napoli dallo zio paterno, Francesco, medico e docente presso l’Università federiciana, dove si iscrive alla facoltà di lettere e dove ritrova l’amico Patini.
In questi anni conosce e frequenta illustri uomini di cultura grazie ai rapporti stabiliti dallo zio.
Nel 1856 entra nell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, seguendo l’esempio dell’amico Patini, insieme al quale frequenta i corsi di Biagio Molinari e il tirocinio di Giuseppe Mancinelli.
Nel 1859 viene attratto dalla “riforma” della pittura avviata nella Città dal gruppo degli innovatori facenti capo a Morelli e Filippo Palizzi, del quale, segue gli insegnamenti imperniati nel “Magistero assoluto del vero”.
Nel 1860 figura fra i Decurioni del Municipio di Palena che fronteggiarono la violenta reazione popolare filoborbonica scoppiata nel paese.
Nel 1861 partecipa come socio nella fondazione della Società Promotrice.
Dal 1862 al 1888 si dedica quasi esclusivamente all’attività artistica, partecipando alle Esposizioni promosse quasi ogni anno dalla nuova Istituzione.
Muore improvvisamente nella solitudine della sua ultima dimora napoletana il 10 novembre 1904.
Gli unici due ampi dipinti del Maestro Recchione presenti in Abruzzo, anche se non molto noti, sono il Sant’Andrea Pescatore (1870) della chiesa della Madonna del Rosario a Palena, e la Sacra Famiglia (1902) custodito nell’Abbazia di Monteplanizio a Lettopalena, resistiti ad entrambi i conflitti mondiali. Sorte contraria ebbe, invece, il San Falco, un altro dipinto sacro commissionatogli a Palena per la cattedrale, distrutta insieme alla tela, durante la seconda guerra mondiale.
La "Sacra Famiglia"
La pala d’altare conosciuta con il nome di “Sacra Famiglia” fu datata e firmata da O. Recchione al 1902.
Il tema affrontato in questo dipinto è il senso raccolto della famiglia, rievocando, oltretutto, gli ambienti e la quotidianità della vita che si svolgeva nei cortili delle case di quel periodo, fra le faccende femminili e il lavoro degli artigiani.
La descrizione del quadro la affidiamo alle parole di Francesco Verlengia, importante studioso di Storia e di Arte:« La scena è intima e raccolta: in ambiente aperto e luminoso, delimitato nel fondo dal muro di una casa e da un muretto di cinta, al di sopra del quale alcuni alberi proiettano le loro masse verdi e si stende un tratto di cielo con nuvole biancastre, siede la Vergine coperta da un manto azzurro e da un velo in atto di aggomitolare il filo di una matassa, che, di fronte a Lei, con le braccia aperte, sostiene il piccolo Gesù. Più in là, in secondo piano, presso un banco, S. Giuseppe attende al suo lavoro».
Anche in questo quadro, come nelle sue opere più famose, si scorge l’individualità dell’artista ed alcune caratteristiche che gli sono affini, come il senso classico della forma, la sobrietà delle tinte e la proiezione di una scena non alterata ma vera e percettibile, tendente alla semplicità ed alla linearità della struttura. Proprio per questa caratteristica, si ha opinione che l’arte del Maestro (in questi anni) sia stata persino influenzata dal movimento preraffaellita britannico. Oggi il quadro è conservato nell’Abbazia di Monteplanizio, a Lettopalena.
Nel rievocare la vicenda che si nasconde dietro questa grande tela, preferiamo concludere il nostro piccolo omaggio al Maestro Oreste Recchione, ed alla grande opera che ci ha donato e che a un secolo di distanza con orgoglio ricordiamo, richiamando alla memoria il racconto di Verlengia, rimasto l’unico testimone degli avvenimenti.
"La storia del quadro è legata al nome di un vecchio abate di Lettopalena, don Giovanni di Paolo, che, amico del pittore, fu uomo di viva intelligenza, di grande prestigio, che, durante la sua lunga vita, nella bonomia del carattere e nella vigoria della persona, si può dire che impersonasse tutta Lettopalena, ove era nato e ove il suo nome anche oggi si rammenta. Il quadro fu eseguito a richiesta di don Giovanni e, come pegno di amicizia, fu eseguito senza compenso, salvo la rivalsa delle poche spese della tela e dei colori. In una lettera inviata da Napoli al vecchio abate, lettera che, insieme con altre, mi fu donata intorno al 1910 proprio da lui, il pittore, compiacendosi del gradimento dell'opera da parte dei lettesi, aggiunge che egli l'aveva eseguita "con simpatia e disinteresse solo per far piacere ad un caro amico" e, qualora si fosse meravigliato di ciò, lo invita a riflettere che egli appartiene alla vecchia generazione, quella dell'abate, "e non alla nuova", cioè, quella di allora, "senza ideali e tutta bottegaia".
Don Giovanni si disobbligò (nei confronti del pittore) con le manifestazioni più calorose e fraterne in vita, e, dopo la sua morte, avvenuta nel 1904, decretando che l'undici novembre di ogni anno, giorno anniversario di essa, nella chiesa di Lettopalena se ne celebrasse la memoria "con messa cantata, ufficio intero, e decente tumulo".
Purtroppo, Don Giovanni Di Paolo, più vecchio del pittore, morì non molti anni dopo di lui; si scatenarono, poi, la guerra libica, la prima guerra mondiale, la guerra etiopica e la seconda guerra mondiale, specialmente la seconda guerra mondiale, durante la quale il paese di Lettopalena, tutto chiuso fra la giogaia centrale della Majella e il fiume Aventino, fu distrutto, mentre, in un secondo tempo, la chiesa di S. Nicola, che ospitava il quadro, fu prima spogliata dei suoi arredi e poi abbattuta. Il quadro medesimo fu portato nella chiesa nuova ch'è al centro del nuovo paese, ricostruito in posizione più comoda e luminosa dell'antico, e forse la piccola storia, che ho ricostruito, è stata dimenticata. E allora, si potrebbe chiedere: perché rammentarla? Il motivo è stato ideale e sentimentale. L' ho rammentata perché si sappia che ai piedi della Majella, in uno dei nostri paesi più solitari, silenti, in nome della Religione e dell'Arte, un alto dialogo si svolse tra un vecchio parroco e un vecchio pittore; e che nel dialogo ambedue espressero la loro fede in un mondo sociale e spirituale, vivo e umano, superiore a quello de' loro tempi".
Dal volume "Palena nel corso dei secoli" di Mario Como:
"...dimostrò precoce inclinazione al disegno ed a 22 anni si iscrisse all'Università di Napoli, discepolo di Basilio Puoti e compagno di studi di Teofilo Patini, al quale poi fu legato da fraterna amicizia.
Contemporaneamente frequentò l'Accademia nella quale insegnavano Filippo Palizzi, Domenico Morelli e lo Smargiassi.
Si ritirò in seguito negli Abruzzi a Palena dove vivevano i suoi parenti, ritraendo quei luoghi in quadretti che espose alla Salvator Rosa di Napoli, alcuni dei quali figurano nella Pinacoteca del Palazzo Reale di Capodimonte. In seguito insegnò all'Istituto dei Miracoli di Napoli fino alla morte e privatamente nelle migliori famiglie.
Nel tempo lasciatogli libero dall'insegnamento, eseguì vari lavori di soggetto religioso: una "Madonna con la Famiglia" nella Chiesa di Lettopalena, una "Madonna di Pompei" e un "S. Andrea Pescatore" nella Chiesa del Rosario di Palena.
Altri suoi lavori meritevoli di menzione: "La Pioggia ed il Potatore" esposti a Napoli nel 1871, "Dafne e Cleo" esposti nel 1877, "Una sera in autunno fra i monti d'Abruzzo" presentato a Torino nel 1884, "Inverno" presentato l'anno dopo, "Primavera" inviato lo stesso anno a Genova, "L'avanguardia del gregge" esposto nel 1890 a Napoli.
Fu modesto e coscienzioso artista stimato da Morelli e da Michetti non usi al facile consenso per l'opera altrui nè per la propria."
Molti critici si sono interessati all'arte di Oreste Recchione, fra questi Renato Colantonio di cui al presente catalogo riguardante l'iconografia sacra del grande Maestro.
Opere
Cataloghi
Oreste Recchione - Poeta della natura
Oreste Recchione - L'iconografia sacra
Oreste Recchione - Riscoperte ed inediti
Fonti
Catalogo "Oreste Recchione - poeta della natura” - Cosimo Savastano e Bianca Maria De Luca**
Catalogo “Oreste Recchione - l’iconografia sacra” - Renato Colantonio**
Catalogo “Oreste Recchione - Riscoperte ed inediti” - Pasquale Del Cimmuto**
"Palena nel corso dei secoli" - Mario Como**
Sito Web - Lettopalena
Sito web - Regione Abruzzo - Portale cultura - Personaggi illustri
**Volume consultabile nella biblioteca del Museo, opportunamente allestita.